Category Archives: COMUNICATI

Presidio domenica 11 dicembre

Il presidio che si terrà l’11 Dicembre, dalle ore 10,30 alle ore 13,30, presso il CIE/CARA di Restinco (BR) ha come principale obiettivo quello di comunicare ai reclusi e a coloro che vorranno ascoltare, la nostra totale opposizione all’esistenza stessa dei “centri d’identificazione ed espulsione”. Chiediamo l’immediata chiusura di tali strutture, considerabili a tutti gli effetti e in assenza di eufemismi, i lager della democrazia.

La reclusione fino a 18 mesi di individui la cui sola colpa è quella di non possedere un documento è considerabile, oggettivamente, ingiusta e disumana. Gli innumerevoli tentativi di fuga, gli atti di autolesionismo, gli scioperi della fame e le ribellioni che si verificano nel CIE di Restinco, e in tutti gli altri centri dislocati sul territorio italiano, spiegano che i migranti detenuti hanno consapevolezza della loro condizione e non hanno più voglia di rimanere in  silenzio.

In quel giorno noi saremo lì a dire che sosteniamo la loro lotta e ci uniamo a loro. Considerare ingiusta la limitazione della libertà di un individuo implica considerare atto di giustizia il tentativo di evadere dal centro. Sosteniamo tutte le loro forme di ribellione, che per quanto estreme a volte si presentino, nulla sono rispetto alla violenza  e azl razzismo di cui questi lager sono espressione e di cui i migranti sono vittime. Esprimeremo la nostra solidarietà nei confronti di tutti i migranti che hanno cercato una via di fuga e non sono riusciti a raggiungere la libertà e che sono ora detenuti nelle prigioni italiane.

L’indifferenza e il silenzio hanno sempre reso la strada che porta alle ingiustizie, facile da percorrere. Noi vogliamo renderla irta di ostacoli e intransitabile, dichiarando di non voler essere complici di simili mostruosità. Musica e percussioni africane faranno da contorno alla lettura di comunicati e alla possibilità per ognuno di esprimere la propriaidea. Invitiamo coloro che decideranno di partecipare al presidio di munirsi di strumenti il cui suono sia in grado di sfondare i muri che imprigionano.

nociebr.noblogs.org

 


M, la storia è (in)finita

Alcuni mesi fa è stata raccontata da questo blog la storia di una tentata fuga, e delle vicende di uno dei protagonisti, se non il protagonista, un ragazzo che ora ha 27 anni, e che noi chiamiamo M.

Nessuno lo conosce, questo è chiaro, a parte alcuni suoi solidali, fuori, e la maggior parte di quelli che, dentro, erano rinchiusi come lui nel cie di Restinco all’epoca dei fatti. Si ricordano di lui perché, in un gesto che sapeva al tempo stesso di coraggio e disperazione, egli aveva permesso la fuga di un suo compagno di reclusione,  scacciando con una scala le guardie accorse ad impedire la fuga

Per quell’episodio, e questo ha certamente il sapore della vendetta, è stato condannato ad 1 anno e 2 mesi.

Oggi M. ha trascorso 9 mesi in carcere, da quel giorno, e chissà quanti in un cie, prima.

Tra qualche giorno sarà “liberato”, il motivo è che gli è stato notificato un decreto di espulsione, che M. si è rifiutato di firmare. Uscirà dal carcere, ed il giorno stesso sarà deportato in Tunisia, suo paese natale.

Questo è un invito.

E’ una storia raccontata perché nessuno dica che non sapeva. E’ l’esortazione, rivolta a chiunque, a ribellarsi a questo stato di cose, ognuno nelle sue possibilità e ciascuno con tutte le sue volontà, perché si impedisca che una persona venga detenuta e poi deportata e che tutto ciò passi sotto silenzio perché ritenuto oramai la normalità.

A tutto c’è un limite.

L’11 dicembre c’è un presidio sotto il cie di Restinco, perché né M. né gli altri siano soli.

Che sia un grido dal silenzio, un grido d’innocenza che faccia tremare i timpani ai finti tonti. (M., carcere di Lucera, nov 2011)

nociebr.noblogs.org


Domenica 4 a Bari

Da Rosarno alla rivolta del Cara di Bari, due anni di lotte migranti!

Domenica 4 dicembre presso Auditorium Federidìco II via Latilla 13 Bari

Negli ultimi due anni i segmenti di lotta migrante si sono rivelati inediti ma soprattutto mossi dalla necessità di rendere visibile la propria condizione e dalla rivendicazione di diritti violati e abusati. Questo processo, di annientamento dei diritti, che vede sdoganata xenofobia e razzismo, è legittimato da un assetto legislativo che parte dalla legge Turco/Napolitano,  prima, e la Bossi/Fini, dopo, e dal Pacchetto Sicurezza che fonda le sue radici in una matrice ideologica dichiaratamente antiumanitaria.
Oggi, dopo l’esodo dalla Libia, oltre 25.000 Richiedenti Asilo sono ospitati all’interno del piano di accoglienza della  protezione civile. Enti del privato sociale, organizzazione ecclesiastiche e strutture alberghiere gestiscono a propria discrezione l’accoglienza dei migranti con sistemi tra loro disomogenei. I migranti pur provenendo dalla Libia ma nati in Ciad, Nigeria, Sudan, Mali, Ghana ecc rischiano che la loro domanda venga rigettata dalle Commissioni Territoriali e i ricorsi oltre che onerosi si rivelino inutili il più delle volte. Tutto questo meccanismo non tutela le migliaia di persone, costrette a lasciare la Libia, in quanto aventi diritto di protezione umanitaria ma anzi li costringe, divenendo “clandestini”, all’estrema invisibilità sul territorio.
Questo Razzismo Istituzionale non considera i migranti come soggetti di diritto ma come un qualcosa da amministrare all’interno delle cosiddette soglie di tolleranza e quote di ingresso, riducendo persone a pura manovalanza a basso costo sfruttata e schiavizzata, creando dinamiche di estrema Ricattabilità ma anche di Clandestinizzazione in quanto l’ottenimento del permesso di soggiorno è vincolato al contratto di lavoro.
L’assetto legislativo del Governo, sostenuto dalle delibere delle Amministrazioni locali, ha negli anni utilizzato il lavoro migrante come ambito in cui sperimentare nuove forme di sfruttamento e precarizzazione del mondo del lavoro.
La rivolta di Castel Volturno e quella di Rosarno hanno accelerato un processo di consapevolezza sfociato e reso palese attraverso lo Sciopero Migrante del 1°Marzo  2010 che ha visto la partecipazione di oltre 300.000 persone. Tra il lavoro nero gestito dai caporali, quello a chiamata e quello interinale i migranti hanno elaborato forme di lotta e vertenze rendendosi avanguardia.
La composizione sociale della popolazione migrante estremamente eterogenea dal punto di vista vertenziale è stata in grado di promuovere mobilitazioni su tutto il territorio nazionale. La rivolte del 1°agosto al  CARA di Bari repressa e criminalizzata, gli scioperi della fame e della sete nei CIE, la protesta dei migranti tunisini prima a Lampedusa e poi a Manduria, lo sciopero dei Braccianti di Nardò, l’occupazione della Gru a Brescia e la mobilitazione dei migranti provenienti dalla Libia sono forme di protesta autorganizzate che rivendicano diritti ferocemente violati da misure repressive.
Le condizioni disumane a cui sono sottoposti i migranti, sovraffollamento delle strutture di accoglienza, carenza di acqua e cibo nei CARA, violenze e torture e pestaggi nei CIE dove vige  l’annientamento dello stato di diritto, protezione umanitaria negata a migranti provenienti dalla Libia e non considerati profughi, schiavismo del caporalato e sfruttamento dei braccianti, inadeguatezza dei sistemi di prima accoglienza e accoglienza diffusa, le deportazioni di massa, rappresentano il fallimento totale delle politiche migratorie.
Come Collettivo Antirazzista intendiamo promuovere iniziative pubbliche  a sostegno delle lotte migranti, denunciare queste condizioni significa anche porre l’attenzione sulle condizioni in cui vivono migliaia di lavoratori italiani e promuovere la possibilità di intersecare i percorsi di lotta e innalzare il livello del conflitto sociale rivendicando i diritti e autodeterminazione.

Dalle h 17 Mostra Fotografica a cura di “Rumore Collettivo”
Ore 18 Proiezione del Documentario “Uno stato di cose” del gruppo Farfa, cinema sociale pugliese, regia di Domenico De Ceglia.                                                                                                                                                                                                               A seguire dibattito e presentazione del libro “La Normale Eccezione. Lotte di migranti in Italia” Ed. Alegre.

Durante l’iniziativa sarà promossa una raccolta fondi per l’assistenza legale ai migranti arrestati durante la rivolta del 1° agosto al CARA di Bari Palese.

gruppo antirazzista pugliese


Chiamiamoli per nome, chiamiamoli omicidi

Bocconi di rabbia ed amarezza per ogni notizia annunciata dai “giornalisti col marchio”. 3 morti, forse 35 i dispersi, tutti gli altri spediti nel cara/cie di Restinco, dopo neanche tre ore dalla tragedia. Li abbiamo visti salire su un pullman scortati dagli uomini in divisa, illuminati in viso dalla luce di una videocamera invadente, e disturbati dalle domande di una giornalista tutta intenta a sottolineare la massima efficienza delle forze dell’ordine e a rassicurare gli ascoltatori che i “clandestini sono tutti adulti” e che “saranno accompagnati nel centro di accoglienza di Restinco”.
Lo yacht di 11 metri è ancora lì, incastrato fra gli scogli della costa di Torre S.Sabina, ondeggia con violenza e, minaccioso, lascia immaginare ciò che è accaduto solo poche ore prime. Si cercano i cadaveri, si aspetta che i corpi vengano sbattuti sugli scogli dalle onde, aggressive e letali.
“Colpa del forte vento, colpa del mare troppo agitato”…e l’ennesimo vortice di rabbia si anima nello stomaco, e riporta alla mente tutte le tragedie che diventano la notizia di pochi minuti, che si smaterializzano in poche ore, che scompaiono dalla mente come scompaiono dalla vista i migranti, chiusi velocemente nei c.i.e. affinché nessuno veda, affinché nessuno sappia .
Saremo di fronte al c.i.e. di Restinco l’11 Dicembre, a denunciare a gran voce che la colpa di tragedie come quella di ieri non è imputabile alla forza inarrestabile del vento e alla rabbia incontrollabile del mare, ma alle leggi razziste dell’insaziabile Europa che vieta ai migranti di raggiungerla senza il pericolo di morire affogati, evitando di esser buttati in mare da scafisti/criminali, senza la paura di esser visti dalla polizia.
Saremo di fronte al c.i.e. ad urlare che la disumanità con la quale si decide di chiudere uomini scampati alla morte in posti come il lager di Restinco non sarà mai tollerata, che non daremo pace a nessuno fino a quando tutti i Centri di identificazione non saranno chiusi e fino a quando ogni recluso non diverrà uomo libero.


Ancora una volta a Restinco

 


Cattivi Guagliuni

 

Finalmente, Bobo è libero. Insieme a lui sono stati rilasciati anche gli altri 17.  Il comitato dei disoccupati brindisini non si fermerà, questo è certo. Come appare evidente che l’azione della magistratura fosse, credo, una neanche troppo sottile minaccia sul prossimo futuro andamento delle lotte, che siano per il lavoro, per la casa,  per i diritti, poco importa: la condizione necessaria deve essere il pacifico svolgimento della protesta negli argini della legge, e non oltre. Altrimenti si sta dalla parte dei cattivi, e allora si può star certi della repressione, che scatterà tanto repentina quanto cieca.

In tempi come questi, in cui la crisi colpisce duramente quasi tutti, e in cui molti sono quelli che decidono di non stare più con le mani in mano e di reagire, alzando sempre più il livello dello scontro, allora il potere minaccia leggi speciali e sguinzaglia i media per creare il nuovo mostro e le nuove paure.

La giornata di Roma non si può riassumere solo in questo, ma forse questa può essere una riflessione fra le tante.

Anche a livello locale avviene lo stesso, sia una valle da bucare, degli immigrati rinchiusi in un lager o in cima ad una gru, poveri disperati che chiedono solo il modo di vivere dignitosamente. Tutti cattivi guagliuni.


BOBO LIBERO. LIBERI TUTTI

Alle prime luci dell’alba, mentre  per le strade di Brindisi si muovevano i camion dell’azienda  che cura la raccolta dei rifiuti, la Digos portava a termine un’operazione di polizia che nella nostra città non ha precedenti: l’arresto di Bobo Aprile, il responsabile e fondatore a Brindisi del sindacato dei COBAS  e numerosi aderenti al Comitato dei disoccupati brindisini che, nell’ultimo anno,  hanno condotto numerose proteste in città  per ottenere lavoro, anche con assunzioni presso l’azienda della raccolta rifiuti, onde far avere a tutti i cittadini  migliori servizi pubblici

I capi di imputazioni nel linguaggio dei tribunali parlano di violenza privata e interruzione di pubblico servizio, ma altri non sono che l’aver fatto manifestazioni con centinaia di disoccupati, sit-in e altre normali e pacifiche attività sindacali e manifestazioni del pensiero ma,  innanzitutto, l’aver dato voce a coloro che sono ritenuti dai benpensanti di questa città, soggetti da emarginare, cittadini di serie B e utilizzabili solo come serbatoio di voti da usare strumentalmente nelle campagne elettorali,  farcite di  false promesse.

Bobo Aprile, insieme al comitato dei disoccupati,  è stato scelto quindi come soggetto da colpire per dare un segnale forte, non solo ai COBAS, ma anche a tutti i movimenti politici e sociali che in questi ultimi mesi,  con il loro impegno costante hanno dimostrato che un’altra Brindisi è possibile!

Respingiamo con forza questo messaggio e lo rimandiamo al mittente :-“ E giunta l’ora che i poteri forti,  che sino a questo momento hanno fatto il bello e il cattivo tempo in questa città,  si mettano l’animo in pace ! Una nuova generazione di donne e uomini vuol dare un futuro diverso a sé e ai propri figli, lottando in prima persona  e non delegando a nessuno la propria vita.”-

Alle 11.30 presso la sede dei COBAS in via Lucio Strabone 38 , Brindisi, si terrà un a conferenza stampa sull’accaduto. Sono invitati i giornali, televisioni e radio, sindacati, organizzazioni politiche e associazioni e tutti i cittadini.

CONFEDERAZIONE COBAS

Medicina Democratica

Brindisi bene comune,

No al carbone

Associazione RuniRuni

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Pugliantagonista.it

Brindisi 12 ottobre 2011

 


Da Bari

 

dalla Rete Antirazzista di Bari

 

Da stamattina le strade di Bari sono state inondate da un corteo di oltre 300 migranti del C.A.R.A. determinati a richiedere il riconoscimento del permesso di soggiorno. Infatti lo slogan che ha accompagnato tutta la manifestazione è stato “Documento! – No, negativo!”. In seguito una delegazione della manifestazione antirazzista, composta anche da rappresentanti regionali e comunali, ha incontrato i rappresentanti della Prefettura di Bari. L’incontro ha prodotto come unico impegno da parte della Prefettura l’invio entro stasera 5 luglio di una relazione al Ministero degli Interni con la richiesta avanzata dalla delegazione di concedere il permesso di soggiorno a tutti coloro che provengono dalla Libia senza distinzioni di nazionalità.
La minifestazione odierna è scaturita dalla protesta tenutasi il 20 giugno presso la Regione Puglia che ha prodotto l’impegno dell’Ordine degli Avvocati di fornire l’assistenza legale e il gratuito patrocinio per i ricorrenti che hanno già avuto il diniego.
I migranti di varie nazionalità che lavoravano in Libia e in seguito alla guerra sono fuggiti e arrivati in Italia hanno trovato solo il diniego della richiesta di asilo politico in quanto la loro provenienza viene riconosciuta in base alla loro nazionalità e non in base al territorio di provenienza, ovvero la Libia. Inoltre nel territorio pugliese ci sono migranti provenienti dall’Afghanistan, dall’Iraq, dal Kurdistan (cosiddetti “casi Dublino)” in attesa del riconoscimento da oltre 10 mesi.
La reteantirazzista di Bari continuerà a sostenere le ragioni dei migranti fuggiti dalla Libia a causa delle guerra in corso, per il riconoscimento del permesso di soggiorno umanitario per tutti. Davanti alla realtà pugliese che vede la presenza dei C.I.E. di Bari e Restinco di cui chiediamo la chiusura insieme ai cosiddetti centri di accoglienza C.A.R.A. e la vergognosa tendopoli di Manduria di cui ancora oggi non si conosce la natura giuridica.

 


Salute Pubblica: basta CIE!

da www.salutepubblica.net

 

L’ennesima denuncia del garante dei detenuti torna a mettere il dito nella piaga.

Il CIE è un carcere.

La carcerazione vissuta come ingiusta e, per la precisione, effettivamente ingiusta, determina reazioni psicologiche e psicosomatiche negative inducendo sofferenza e, a volte, aggressività.

Non occorre essere esperti in psicologia sociale per constatare la diversità di clima, in tutte le carceri, tra sezione penale e sezione giudiziaria.

Troppo semplice poi strumentalizzare, sull’onda dell’attuale inquietante revival di criteri lombrosiani, questa aggressività nei casi, rari, in cui essa si presenta.

Noi continuiamo a denunciare il CIE come anticostituzionale e ne chiediamo la chiusura.

Ma, fuori dalla logica del “mettere le tendìne rosa al carcere “, ci associamo alla denuncia del garante avv. Desi Bruno.

Per questo dobbiamo insistere su una proposta finora rimasta inascoltata :

che il CIE venga incluso nelle visite/rapporti semestrali delle Ausl;

di carcere si tratta e come un carcere deve essere gestito dal punto di vista del monitoraggio da parte delle agenzie istituzionali che si occupano di salute.

Non riteniamo che sia del tutto infondata la eventuale obiezione secondo cui il CIE non è esplicitamente citato nei siti da visitare; se è per questo la legge di riforma carceraria è precedente a quella di riforma sanitaria e quindi le Usl non vengono citate nel momento in cui il parlamento legifera per l’affidamento (al Medico provinciale) della supervisione igienico-sanitaria delle carceri;

le norme vanno interpretate salvo che dirigenti ed operatori dell’Ausl vogliano autoridursi a fotocopiatori piuttosto che a protagonisti dei percorsi di tutela della salute.

In questa vicenda pare congruo ispirarsi ad uno degli slogans del movimento delle donne , vale a dire “visitare i luoghi difficili” nel senso di essere il più possibile presenti proprio nei luoghi della maggiore sofferenza umana e sociale; perché questo è oggi il CIE per le persone recluse ma anche per gli stessi operatori, sia militari che civili.

Purtroppo non solo questa nostra proposta è rimasta, da sempre, inascoltata, ma si fanno passi indietro anche nelle modalità di gestione dei rapporti semestrali delle carceri.

La sinergia tra chi non vuol cambiare e chi indulge in ruoli da “fotocopiatore” è il cemento armato di istituzioni totali che vogliono sopravvivere gattopardescamente a tutti i costi.

Facciamo una udienza conoscitiva pubblica sul tema invitando chiunque voglia contribuire alla discussione; rompiamo il silenzio, non rendiamoci complici.

Prof. Vito Totire    Salute Pubblica


Indifferenza

Questo è il testo dell’intervento che abbiamo voluto leggere in occasione della “Festa dei Popoli”. L’intento era quello di dare voce, in una piazza multicolore e danzante, a chi non ha la stessa fortuna, e si ritrova recluso, maltrattato e, peggio, dimenticato o ignorato da chi dovrebbe fare qualcosa, o quanto meno indignarsi.

Odio gli indifferenti. L’indifferenza è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia, è la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la falsità, è ciò su cui non si può contare. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti è dovuto all’indifferenza e all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perchè alcuni vogliono che avvenga, quanto perchè la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Per quanto altro ancora dovrà durare questa indifferenza? Quando la nostra rabbia e la nostra denuncia arriverà alle coscienze di tutti?

Vicino alla nostra città, a Restinco, esiste un CIE, centro di identificazione ed espulsione, nel quale sono rinchiusi i migranti perchè ritenuti colpevoli di essere privi di documenti. Sappiamo tutti che i reati amministrativi non prevedono una detenzione come previsto per i reati penali. Essere clandestino NON deve essere considerato reato.
E’ inaccettabile che la logica del terrore, la paura del diverso venga fomentata dal governo stesso, e che quest’ultima plasmi le nostre coscienze a tal punto da aderire o tollerare leggi xenofobe e razziste, come l’ultimo decreto-legge che prolunga la detenzione per l’identificazione fino ai 18 mesi, mentre prevede per i reati penali l’espulsione immediata.
I CIE non sono luoghi d’accoglienza, bensì dei lager, in cui i diritti inalienabili e la dignità dell’uomo vengono annullati.
I tentativi di fuga e gli atti di autolesionismo che si sono verificati e che continuano tutt’ora all’interno di queste strutture possono rendere chiara la condizione disumana in cui sono costretti a vivere.
Colui che rimane indifferente e silente dopo aver saputo la verità può considerarsi complice.
Affinchè tutti i CIE vengano chiusi, ognuno deve trovare i modi e gli spazi per manifestare pubblicamente il proprio dissenso e la propria indignazione.