Monthly Archives: Dicembre 2011

Tra un ricordo sbiadito e un vivo presente

(A proposito dell’affondamento della Kater i Rades)


A prima vista potrebbe sembrare un’opera meritoria: una scultura che ricorda una tragedia potrà far si che quell’avvenimento rimanga impresso indelebilmente nella mente di chi vi passerà vicino. Eppure qualcosa non torna…Il 28 marzo 1997 una nave carica di immigrati albanesi viene affondata al largo del canale di Otranto dalla nave Sibilla della marina militare italiana, provocando ottantuno vittime. Non è stato il caso, non sono state le condizioni del mare particolarmente avverse, vi sono stati dei responsabili precisi. La giustizia, quella democratica, ha fatto il suo corso, trovando, come spesso accade in questi casi, una soluzione alla “Ponzio Pilato”. Poco importa la sua conclusione, lo Stato non condanna mai se stesso. Ora di questa tragedia si vorrebbe fare un evento da commemorare con un’opera scultorea apprezzabile da addetti ai lavori come un’importante opera d’arte. Per ricordare e farne un inno all’incontro, all’umano bisogno di storie, afferma uno dei testi di presentazione dell’evento. Il fatto è che da commemorare non c’è proprio nulla, perché sono ancora vive nelle nostre menti le grida di chi, cadendo in mare ha perso la vita o i suoi parenti. Vive sono le urla di chi ancora oggi, al largo delle coste del Salento, (l’ultimo naufragio è del 27 novembre scorso – 3 immigrati morti e 30 dispersi) o del Mediterraneo, perde la vita in cerca di una speranza di sopravvivenza. Viva è la rabbia e la disperazione di chi in Italia riesce ad arrivarci ma viene impacchettato e rispedito subito indietro, oppure rinchiuso, fino a diciotto mesi, in Centri di Identificazione ed Espulsione perché non ha un documento regolare. La stessa Otranto che si vanta di essere città dell’accoglienza, dichiarata patrimonio dell’Unesco, è anch’essa un anello di questo sistema dell’esclusione. Il suo centro di accoglienza temporanea “Don Tonino Bello” funge infatti da anticamera proprio verso quei rimpatri e verso quei Cie che sospendono il tempo e la vita di migliaia di immigrati. Questo è ciò che ha deciso il diritto democratico, questo ciò che ha deciso l’Economia, di cui gli Stati sono solo un’appendice (ce ne saremo ormai resi conto?). Migliaia di immigrati sono rinchiusi perché la loro vita deve essere contenuta, proprio come la nostra, trasformata ormai in un’appendice della merce e della tecnica. Anche per chi non è straniero infatti, la reclusione  non è cosa così lontana. Nuovi ghetti, nuove aree videosorvegliate, nuove carceri sono pronte a contenere chi semplicemente afferra ciò che non può permettersi, oppure alza la testa davanti a sempre nuovi padroni. Per questo non abbiamo nulla da commemorare ed è per questo che  un senso di fastidio e un moto di rabbia ci assale quando sentiamo di queste iniziative. Perché non serviranno a cancellare le morti in mare, perché non libereranno coloro che sono rinchiusi, perché non fermeranno la mano razzista di chi ammazza chi ritiene diverso. Perché non impediranno ad associazioni come “Integra” , tra i fautori dell’evento, di continuare a lucrare sugli immigrati che da quei centri passano (un esempio è il campo di Manduria). La memoria può essere sovversiva se all’umano bisogno di storie sostituisce l’umano bisogno della libertà.


Presidio#1

Queste sono alcune foto dell’iniziativa appena terminata davanti al cie di Restinco. Seguirà un breve report. Le foto sono offerte gentilmente da pugliantagonista.it


Presidio domenica 11 dicembre

Il presidio che si terrà l’11 Dicembre, dalle ore 10,30 alle ore 13,30, presso il CIE/CARA di Restinco (BR) ha come principale obiettivo quello di comunicare ai reclusi e a coloro che vorranno ascoltare, la nostra totale opposizione all’esistenza stessa dei “centri d’identificazione ed espulsione”. Chiediamo l’immediata chiusura di tali strutture, considerabili a tutti gli effetti e in assenza di eufemismi, i lager della democrazia.

La reclusione fino a 18 mesi di individui la cui sola colpa è quella di non possedere un documento è considerabile, oggettivamente, ingiusta e disumana. Gli innumerevoli tentativi di fuga, gli atti di autolesionismo, gli scioperi della fame e le ribellioni che si verificano nel CIE di Restinco, e in tutti gli altri centri dislocati sul territorio italiano, spiegano che i migranti detenuti hanno consapevolezza della loro condizione e non hanno più voglia di rimanere in  silenzio.

In quel giorno noi saremo lì a dire che sosteniamo la loro lotta e ci uniamo a loro. Considerare ingiusta la limitazione della libertà di un individuo implica considerare atto di giustizia il tentativo di evadere dal centro. Sosteniamo tutte le loro forme di ribellione, che per quanto estreme a volte si presentino, nulla sono rispetto alla violenza  e azl razzismo di cui questi lager sono espressione e di cui i migranti sono vittime. Esprimeremo la nostra solidarietà nei confronti di tutti i migranti che hanno cercato una via di fuga e non sono riusciti a raggiungere la libertà e che sono ora detenuti nelle prigioni italiane.

L’indifferenza e il silenzio hanno sempre reso la strada che porta alle ingiustizie, facile da percorrere. Noi vogliamo renderla irta di ostacoli e intransitabile, dichiarando di non voler essere complici di simili mostruosità. Musica e percussioni africane faranno da contorno alla lettura di comunicati e alla possibilità per ognuno di esprimere la propriaidea. Invitiamo coloro che decideranno di partecipare al presidio di munirsi di strumenti il cui suono sia in grado di sfondare i muri che imprigionano.

nociebr.noblogs.org

 


M, la storia è (in)finita

Alcuni mesi fa è stata raccontata da questo blog la storia di una tentata fuga, e delle vicende di uno dei protagonisti, se non il protagonista, un ragazzo che ora ha 27 anni, e che noi chiamiamo M.

Nessuno lo conosce, questo è chiaro, a parte alcuni suoi solidali, fuori, e la maggior parte di quelli che, dentro, erano rinchiusi come lui nel cie di Restinco all’epoca dei fatti. Si ricordano di lui perché, in un gesto che sapeva al tempo stesso di coraggio e disperazione, egli aveva permesso la fuga di un suo compagno di reclusione,  scacciando con una scala le guardie accorse ad impedire la fuga

Per quell’episodio, e questo ha certamente il sapore della vendetta, è stato condannato ad 1 anno e 2 mesi.

Oggi M. ha trascorso 9 mesi in carcere, da quel giorno, e chissà quanti in un cie, prima.

Tra qualche giorno sarà “liberato”, il motivo è che gli è stato notificato un decreto di espulsione, che M. si è rifiutato di firmare. Uscirà dal carcere, ed il giorno stesso sarà deportato in Tunisia, suo paese natale.

Questo è un invito.

E’ una storia raccontata perché nessuno dica che non sapeva. E’ l’esortazione, rivolta a chiunque, a ribellarsi a questo stato di cose, ognuno nelle sue possibilità e ciascuno con tutte le sue volontà, perché si impedisca che una persona venga detenuta e poi deportata e che tutto ciò passi sotto silenzio perché ritenuto oramai la normalità.

A tutto c’è un limite.

L’11 dicembre c’è un presidio sotto il cie di Restinco, perché né M. né gli altri siano soli.

Che sia un grido dal silenzio, un grido d’innocenza che faccia tremare i timpani ai finti tonti. (M., carcere di Lucera, nov 2011)

nociebr.noblogs.org


Domenica 4 a Bari

Da Rosarno alla rivolta del Cara di Bari, due anni di lotte migranti!

Domenica 4 dicembre presso Auditorium Federidìco II via Latilla 13 Bari

Negli ultimi due anni i segmenti di lotta migrante si sono rivelati inediti ma soprattutto mossi dalla necessità di rendere visibile la propria condizione e dalla rivendicazione di diritti violati e abusati. Questo processo, di annientamento dei diritti, che vede sdoganata xenofobia e razzismo, è legittimato da un assetto legislativo che parte dalla legge Turco/Napolitano,  prima, e la Bossi/Fini, dopo, e dal Pacchetto Sicurezza che fonda le sue radici in una matrice ideologica dichiaratamente antiumanitaria.
Oggi, dopo l’esodo dalla Libia, oltre 25.000 Richiedenti Asilo sono ospitati all’interno del piano di accoglienza della  protezione civile. Enti del privato sociale, organizzazione ecclesiastiche e strutture alberghiere gestiscono a propria discrezione l’accoglienza dei migranti con sistemi tra loro disomogenei. I migranti pur provenendo dalla Libia ma nati in Ciad, Nigeria, Sudan, Mali, Ghana ecc rischiano che la loro domanda venga rigettata dalle Commissioni Territoriali e i ricorsi oltre che onerosi si rivelino inutili il più delle volte. Tutto questo meccanismo non tutela le migliaia di persone, costrette a lasciare la Libia, in quanto aventi diritto di protezione umanitaria ma anzi li costringe, divenendo “clandestini”, all’estrema invisibilità sul territorio.
Questo Razzismo Istituzionale non considera i migranti come soggetti di diritto ma come un qualcosa da amministrare all’interno delle cosiddette soglie di tolleranza e quote di ingresso, riducendo persone a pura manovalanza a basso costo sfruttata e schiavizzata, creando dinamiche di estrema Ricattabilità ma anche di Clandestinizzazione in quanto l’ottenimento del permesso di soggiorno è vincolato al contratto di lavoro.
L’assetto legislativo del Governo, sostenuto dalle delibere delle Amministrazioni locali, ha negli anni utilizzato il lavoro migrante come ambito in cui sperimentare nuove forme di sfruttamento e precarizzazione del mondo del lavoro.
La rivolta di Castel Volturno e quella di Rosarno hanno accelerato un processo di consapevolezza sfociato e reso palese attraverso lo Sciopero Migrante del 1°Marzo  2010 che ha visto la partecipazione di oltre 300.000 persone. Tra il lavoro nero gestito dai caporali, quello a chiamata e quello interinale i migranti hanno elaborato forme di lotta e vertenze rendendosi avanguardia.
La composizione sociale della popolazione migrante estremamente eterogenea dal punto di vista vertenziale è stata in grado di promuovere mobilitazioni su tutto il territorio nazionale. La rivolte del 1°agosto al  CARA di Bari repressa e criminalizzata, gli scioperi della fame e della sete nei CIE, la protesta dei migranti tunisini prima a Lampedusa e poi a Manduria, lo sciopero dei Braccianti di Nardò, l’occupazione della Gru a Brescia e la mobilitazione dei migranti provenienti dalla Libia sono forme di protesta autorganizzate che rivendicano diritti ferocemente violati da misure repressive.
Le condizioni disumane a cui sono sottoposti i migranti, sovraffollamento delle strutture di accoglienza, carenza di acqua e cibo nei CARA, violenze e torture e pestaggi nei CIE dove vige  l’annientamento dello stato di diritto, protezione umanitaria negata a migranti provenienti dalla Libia e non considerati profughi, schiavismo del caporalato e sfruttamento dei braccianti, inadeguatezza dei sistemi di prima accoglienza e accoglienza diffusa, le deportazioni di massa, rappresentano il fallimento totale delle politiche migratorie.
Come Collettivo Antirazzista intendiamo promuovere iniziative pubbliche  a sostegno delle lotte migranti, denunciare queste condizioni significa anche porre l’attenzione sulle condizioni in cui vivono migliaia di lavoratori italiani e promuovere la possibilità di intersecare i percorsi di lotta e innalzare il livello del conflitto sociale rivendicando i diritti e autodeterminazione.

Dalle h 17 Mostra Fotografica a cura di “Rumore Collettivo”
Ore 18 Proiezione del Documentario “Uno stato di cose” del gruppo Farfa, cinema sociale pugliese, regia di Domenico De Ceglia.                                                                                                                                                                                                               A seguire dibattito e presentazione del libro “La Normale Eccezione. Lotte di migranti in Italia” Ed. Alegre.

Durante l’iniziativa sarà promossa una raccolta fondi per l’assistenza legale ai migranti arrestati durante la rivolta del 1° agosto al CARA di Bari Palese.

gruppo antirazzista pugliese