Ne abbiamo le prove

Pubblichiamo qui un interessante articolo di Gabriele Del Grande, scrittore e viaggiatore. Potete trovarlo, assieme ad altre decine di articoli sul suo blog  http://fortresseurope.blogspot.com/.

Fortezza Europa

commemorazione di morti in mareGiorno per giorno, da anni, il mare di mezzo è divenuto una grande fossa comune, nell’indifferenza delle due sponde del mare di mezzo. Dal 1988 almeno 15.760 giovani sono morti tentando di espugnare la fortezza Europa. Ne abbiamo le prove. Sono migliaia di articoli recensiti negli archivi della stampa internazionale. Potete consultarli per area geografica e per anno di pubblicazione. Vi proponiamo anche i bollettini mensili, la sezione statistica sugli sbarchi e una pagina di approfondimento.

Nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico verso le Canarie sono annegate 11.150 persone. Metà delle salme (6.649) non sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l’Egitto, la Tunisia, Malta e l’Italia le vittime sono 4.249, tra cui 3.110 dispersi. Altre 186 persone sono morte navigando dall’Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall’Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4.551 persone di cui 2.332 risultano disperse. Nell’Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, ma anche dall’Egitto alla Grecia, hanno perso la vita 1.389 migranti, tra i quali si contano 840 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l’Albania, il Montenegro, la Grecia e l’Italia, sono morte almeno 637 persone, delle quali 253 sono disperse. Inoltre, almeno 629 migranti sono annegati sulle rotte per l’isola francese di Mayotte, nell’oceano Indiano. Il mare non si attraversa soltanto su imbarcazioni di fortuna, ma anche su traghetti e mercantili, dove spesso viaggiano molti migranti, nascosti nella stiva o in qualche container, ad esempio tra la Grecia e l’Italia. Ma anche qui le condizioni di sicurezza restano bassissime: 153 le morti accertate per soffocamento o annegamento.

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Fronte dei CIE: comunicato FAI

Fronte del CIE. Fiamme, rivolte e fughe

Brindisi, Bari, Milano, Torino, Gradisca. Tornano ad infiammarsi i CIE
italiani. Nell’ultima settimana si sono susseguite rivolte, incendi, atti
di autolesionismo, fughe.
Protagonisti delle proteste sono quasi sempre gli immigrati tunisini,
molti dei quali imprigionati dopo lo sbarco a Lampadusa. Assaggiato il
sapore aspro e seducente della libertà non sanno più farne a meno. Hanno
abbattuto il satrapo Ben Alì e non vogliono rassegnarsi alle gabbie in cui
li rinchiude lo Stato italiano.

Restinco, 21 marzo. Sono inagibili buona parte delle camerate del CIE
brindisino, teatro di una rivolta scoppiata nella notte tra lunedì 14 e
martedì 15 marzo. Buona parte delle camerate sono state investite dalle
fiamme: per bloccare i tunisini protagonisti della sommossa, la questura
ha dovuto inviare, oltre ai vigili del fuoco, anche poliziotti
dell’antisommossa e della digos.
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Restinco: tunisino si taglia la gola, sciopero della fame

Intorno alle 23 di ieri, 20 marzo, nel cie di Restinco si è scatenato
l'inferno. I reclusi sono tutti terrorizzati per l'accaduto. Un ragazzo
tunisino, fra gli ultimi arrivati a seguito dei disordini nord-africani,
si è tagliato la gola con un coltellino, dopo aver avuto un'animata
discussione con l'ispettore del centro. Dall'interno ci comunicano che il
ragazzo era continuamente insultato e stuzzicato dall'ispettore e la sua
tolleranza ha raggiunto il limite, dopo che il funzionario gli ha detto
che si sarebbe “scopato sua sorella”. Non è chiaro chi abbia chiamato
l'ambulanza, ciò che è certo e che essa è stata rimandata indietro dal
medico del cie, non appena giunta a Restinco. Il ragazzo rimaneva in
infermeria, nella quale era vietato l'accesso agli altri detenuti. Al
momento dell'accaduto erano presenti gli operatori della cooperativa
Nuvola, che gestisce il centro di Restinco.
I detenuti erano soli con le forze dell'ordine. Tutti i reclusi
decidono di protestare attuando lo sciopero della fame e pregano
affinché qualcuno si accorga della loro indegna esistenza, ripetono che
è necessario che i giornali e le televisioni entrino in quel posto,
per rendere testimonianza dell'inferno che vivono. Intanto i ragazzi
continuano ad assumere calmanti per annebbiare la mente e cercare di
dormire.
Sui giornali si legge:
“Intere camerate sono state distrutte – spiega Cicoria -, soprattutto
negli arredi. Ma abbiamo provveduto a fornire nuovi letti e per fortuna
non è stata compromessa la solidità dell’immobile sul quale sono stati
fatti gli accertamenti del caso, per questo non abbiamo ritenuto di
doverlo evacuare”.

http://www.brindisireport.it/prima-pagina/2011/03/19/

I detenuti continuano ad affermare di dormire sul pavimento. Il tunisino
pare stia meglio.
Ascolta l'intervista che il gruppo no-cie Brindisi ha rilasciato
ai compagni romani di Radio Onda Rossa 

intervista a no-cie brindisi

 


Il lavoro rende liberi (?)

L’immigrazione attuale si inserisce in un periodo critico dell’economia italiana, una crisi che gli esperti indicano come l’inizio di una discesa inarrestabile del modello economico liberista. Tale modello mostra le sue debolezze, lì dove non è in grado di utilizzare le sue potenzialità e risorse a favore delle popolazioni più povere del pianeta, le quali si riversano in cerca di migliori condizioni di vita, negli stessi paesi che nel periodo coloniale hanno depauperato le loro terre e lasciato che sprofondassero nella povertà e vivessero la loro esistenza sottomessi a regimi perlopiù dittatoriali, tenuti in piedi anche grazie alla passività, in alcuni casi peggio ancora compiacenza, dei paesi europei.

Gli emigranti delle coste meridionali del mediterraneo possono essere osservati sotto un’ottica che evidenzia il riflesso inverso, l’esternalità negativa di una spartizione della ricchezza che non ha messo al centro delle sue azioni l’umanità intera, ma solo una sua piccola parte. La povertà di interi continenti porta con sé i geni del colonialismo, e ne è la sua diretta conseguenza.

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Restinco: tutti giù per terra

Il CIE di Restinco

 

Vi abbiamo raccontato, nel post precedente, dell’ultima rivolta scatenatasi la notte del 14 marzo: materassi incendiati da un gruppo di tunisini, le fiamme che hanno avvolto quasi l’intera struttura (solo poche camerate sono state risparmiate) e l’intervento in forze della polizia per sedare la sommossa.

In seguito a quanto accaduto, com’era facile prevedere, le misure repressive sono aumentate per i  reclusi, anche quelli che  non si erano resi protagonisti della protesta. Al momento, dopo quindi tre giorni da quanto accaduto, sono circa 34 i reclusi che dormono per terra, senza materassi e senza coperte, non più nelle camerate ma di nuovo nella mensa. Il timore, evidentemente, è che il malcontento possa ancora sfociare in rivolte e incendi. Queste decisioni abbassano ulteriormente le già pessime condizioni di vita all’interno di Restinco, e segnaliamo il caso di un recluso che ha la protesi ad una gamba e deve dormire a terra senza un minimo di cura per la sua situazione, non riuscendo naturalmente a riposare un attimo. Questo ragazzo ha provato a esporre il suo problema anche nell’infermeria interna al centro e alla stessa direzione del CIE, ma gli è stato detto che deve dormire insieme a tutti gli altri.

Si tenta quindi, da parte di chi gestisce il centro, di creare dissidi e conflitto tra i reclusi. Adesso tutti hanno dei buoni motivi per lamentarsi, a partire dalle condizioni di vita, che sono diventate insopportabili e disumane.

Sabato una commissione di esperti ha visitato il centro, per verificare le condizioni della struttura e valutarne l’agibilità. Alcune voci, infatti, lasciavano credere che il Cie dovesse chiudere, anche solo per il tempo necessario al suo ripristino. Il capo di gabinetto della prefettura, Erminia Cicoria, dice testualmente: “Restano lì dove sono”.

Anche i media, dopo tre giorni di quasi totale silenzio, sono costretti a dover affrontare l’argomento: leggi  12.

 


Incendio a Restinco


Nella notte tra 14 e il 15 marzo alcuni tunisini reclusi all’interno del centro di Restinco hanno portato dei materassi nel bagno e gli hanno dato fuoco. E’ stato necessario l’intervento dei pompieri per spegnere le fiamme, e si è creata una gran confusione poichè alcuni detenuti erano intossicati per le esalazioni del fumo. Il bagno è ancora inagibile, ma è già stato ridipinto dagli operatori del centro. Ai reclusi l’ispettore di polizia capo della struttura ha detto testualmente : “La prossima volta saranno calci nel culo”. A buon intenditor…

Aggiornamento 19/03/2011
Questo il resoconto che, solo due giorni dopo l’accaduto, il Quotidiano di Puglia diffonde:

Brindisi, nuova rivolta al Cie di Restinco
In fiamme camere e bagni

BRINDISI – Ennesima rivolta notturna al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Restinco, e forse mai come questa volta la struttura rischia di chiudere.

Disordini durati per qualche ora, con gli extracomunitari che hanno distrutto camere bagni incendiando il centro. Polizia e militari in servizio hanno dovuto faticare non poco per fermare la rivolta. Questa mattina una commissione della prefettura ha effettuato un sopralluogo a Restinco per una valutazione della situazione, nelle prossime ore una decisione definitiva sarà presa assieme alla Questura.
Sabato 19 Marzo 2011 – 13:42


Esercizi di memoria 2

Solo per dovere di cronaca pubblichiamo le votazioni finali della legge 189  del 2002, meglio nota come famigerata Bossi-Fini. Cerca pure il tuo “eletto” e vedi cosa ha deciso per te…

Votazione legge Bossi-Fini


Esercizi di memoria 1

Questo post lo consigliamo volentieri a chi, già in tempi non sospetti, aveva evidenti carenze di fosforo, elemento necessario al corpo umano per evitare di fare figuracce davanti alla storia. Sono ancora molti i bisognosi, tant è che noi proviamo a fare un breve riassunto. Suggeriamo, per voi che già avete sviluppato la vostra, di memoria, di affinare le indubbie qualità di cui disponete con un gioco dal titolo: Chi ti rappresentò nel 1997? Cercate nell’elenco qui sotto: deluso o soddisfatto?

La votazione finale qui sotto approvò con una buona maggioranza l’istituzione dei CPT, e porta il nome del vostro presidente, Giorgio Napolitano, e della sua amica Livia Turco. Ottima memoria, non erano leghisti.

P.S.: Ho trovato il nome del mio concittadino rappresentante e la sua votazione: non mi ha deluso affatto, infatti anche lui è amico del vostro Napolitano…

votazione Turco-Napolitano(1997)


In Italia mi trovo per caso, ma è al mondo che son venuta

 

La magia nera, René Magritte

La necessità di trovare soluzioni diventa sempre più aggressiva, corrode la mente. Ad ogni rifiuto di accettazione passiva di decisioni politiche, frutto di meschini calcoli riconoscibili dal nauseante odore, segue la richiesta di proporre l’alternativa percorribile.

Più ci si infila nel tunnel delle “ possibili soluzioni per arginare il problema”, più ci si avvicina al dirupo del compromesso.

Più le parole si avvicinano al dibattito politico post-tg, più si allontanano dall’uomo.

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A Brindisi l’accoglienza (1991)

 

Accadeva, vent’anni orsono, nella notte tra il 6 ed il 7 marzo del 1991, che la città di Brindisi vedeva arrivare una moltitudine di gente, stipata come sardine, su carrette del mare che chissa’ come facessero a rimanere in piedi…molti brindisini si svegliarono la mattina e, guardando il mare, videro questa immensa distesa umana sulla banchina del porto: era l’esodo albanese.

Quel paese, che nei giorni di cielo terso è visibile dai punti alti della città, era imploso su se stesso e la guerra civile una vicenda quasi inevitabile. A decine di migliaia si riversarono nei porti di Durazzo, Valona, aspettando solo di salire sulla prima imbarcazione che li portasse via dalla fame, dall’assenza di libertà, dalle prigioni e dallo sfruttamento.

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