Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulla donna. Di strada da fare ce n’è tanta, soprattutto considerando le motivazioni della sentenza del processo Addesso, ispettore di polizia che ha gestito il CIE di via Corelli a Milano, accusato di stupro da una donna nigeriana, Joy, all’epoca dei fatti reclusa proprio in quel centro.
Come è andata quella vicenda? Leggete qui sotto l’ articolo de “il manifesto” che descrive in pieno l’autoassoluzione dello Stato con motivazioni che, se non fossero palesemente razziste e discriminatorie, sarebbero quantomeno ridicole….
Tutto questo mentre si diffonde, in questi giorni, la notizia di una donna stuprata a Roma in una caserma dei carabinieri da alcuni uomini in divisa…
Infine si dovrebbe ricordare che un anno fa, a Milano, per aver esposto lo striscione nella foto, che denunciava il caso di Joy, un gruppo di manifestanti fu caricato dalla polizia. Non poteva certo passare quel messaggio, quello striscione doveva essere sequestrato….
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8 marzo: cosa si festeggia?
I pozzi (neri) di Gheddafi
Se vi ponete delle domande riguardo le ingenti ricchezze del colonnello, e su come mai sia così difficile per il popolo libico spodestarlo, vi forniamo alcune risposte. Credevate che l’Italia non avesse responsabilità in tutto questo? Provate a leggere un interessante dossier preparato da Rompere le righe .
Un saluto agli amici di Macerie e storie di Torino.
Gruppo NO-CIE Brindisi
M, una storia (stra)ordinaria
M. è un nostro amico, ma non lo conosciamo.
Lo abbiamo visto per la prima volta in un’aula di tribunale. Era nella cella di sicurezza che tutte le aule di giustizia predispongono per l’arrivo dei detenuti. Era, insieme ad altri due suoi compagni, in arresto perché accusato di resistenza a pubblico ufficiale.
M. lo abbiamo conosciuto per telefono, il giorno stesso del suo tentativo di fuga dal CIE di Restinco. Ci ha detto che la mattina, assieme ad altri detenuti, aveva provato a scappare, ma lo avevano ripreso. Condotto in uno stanzone, isolato dagli altri, era stato avvertito che lo avrebbero portato in carcere.
“Questo ce l’ha con me (riferendosi all’ispettore di polizia che lo sorveglia) mi sta minacciando, ha detto che mi porta in galera”.
Poi ha dovuto chiudere la conversazione con noi.
M. quella mattina ha trovato una scala vicino ad una impalcatura nel CIE, l’ha presa e l’ha messa sul muro di cinta che chiude il centro e lo isola dal mondo esterno. Ha chiamato i suoi amici e ha capito che doveva approfittare del momento. Mentre gli altri scavalcavano lui teneva la scala, e quando si sono avvicinati i poliziotti ed i militari del battaglione San Marco, lui ha brandito la scala contro di loro per tenerli lontani.