Modena e Restinco: la strategia dei Maroni

Riporto un articolo di Macerie e storie di Torino, interessante per capire che non solo a Brindisi l’autorità nega la possibilità di smascherare i meccanismi di questi tempi bui. Spezzando il filo diretto tra chi si rivolta, dentro, e chi solidarizza, fuori, ma anche restringendo le libertà di ognuno, compreso chi, oggi,  non si sentisse interessato a certe tematiche. Domani, quando costoro si accorgeranno di non avere più margini di dissenso possibile, sarà tardi. E’ bene svegliarsi subito.

Sui tetti di Modena (e su altro ancora)

Il nervosismo – più che giustificato – di Maroni intorno alla situazione esplosiva dei Centri di internamento per senza-documenti (che siano Cie, Cara, Cda o i nuovissimi Cai sul modello di Manduria) si fa sentire, dopo che a Brindisi, anche a Modena. È evidente che al Ministero non sanno più che pesci pigliare: se la Tunisia non darà il via libera a rimpatri di massa entro un paio di giorni alleggerendo la pressione migratoria, le prossime saranno settimane di fughe e sommosse sostanzialmente incontrollabili, e di tutto il sistema concentrazionario italiano, presumibilmente, non resteranno che macerie. Le vie di uscita a quel punto potrebbero essere solo due, entrambe poco praticabili: appesantire oltre misura il controllo e la repressione stroncando rivolte e fughe (e questo potrebbe voler  dire anche dover sparare) – cosa per la quale non si sa se ci siano uomini e mezzi a sufficienza e se, come si dice, i tempi siano maturi; oppure rilasciare un permesso qualsiasi agli ultimi arrivati, in modo che proseguano il loro viaggio in santa pace – e questo vorrebbe dire smentire anni e anni di politiche migratorie repressive, tanto utili all’economia e alla gestione ideologica del dominio.

Sta il fatto che Maroni non ne vuol sapere di veder mettere in scena dei bis delle ultime giornate di Manduria, dove la determinazione alla libertà dei trattenuti e lo stimolo dei compagni nelle iniziative fuori dai cancelli si sono uniti anche praticamente. E quindi, piano piano, ordina di vietare le iniziative – come a Brindisi – oppure prova in qualche maniera a renderle meno di stimolo per i reclusi.

E così, al presidio di questo pomeriggio di fronte al Cie di Modena, la Digos ha ordinato ai presenti di non usare l’amplificazione e di limitarsi a parlar col megafono, in modo da ostacolare i contatti con i prigionieri. I compagni hanno premuto e hanno parlato lo stesso ad alta voce e alcuni reclusi sono addirittura saliti sui tetti (cosa che a Modena è rara) per rispondere ai messaggi. La cosa, per quel che si può sapere vista la situazione di totale isolamento in cui sono tenuti i reclusi di Modena, è finita lì. Ma questo è bastato perché i compagni venissero seguiti, l’impianto di amplificazione sequestrato e i solidali che avevano parlato al microfono vietato denunciati per inottemperanza agli ordini questurini.

 

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