Restinco: tutti giù per terra

Il CIE di Restinco

 

Vi abbiamo raccontato, nel post precedente, dell’ultima rivolta scatenatasi la notte del 14 marzo: materassi incendiati da un gruppo di tunisini, le fiamme che hanno avvolto quasi l’intera struttura (solo poche camerate sono state risparmiate) e l’intervento in forze della polizia per sedare la sommossa.

In seguito a quanto accaduto, com’era facile prevedere, le misure repressive sono aumentate per i  reclusi, anche quelli che  non si erano resi protagonisti della protesta. Al momento, dopo quindi tre giorni da quanto accaduto, sono circa 34 i reclusi che dormono per terra, senza materassi e senza coperte, non più nelle camerate ma di nuovo nella mensa. Il timore, evidentemente, è che il malcontento possa ancora sfociare in rivolte e incendi. Queste decisioni abbassano ulteriormente le già pessime condizioni di vita all’interno di Restinco, e segnaliamo il caso di un recluso che ha la protesi ad una gamba e deve dormire a terra senza un minimo di cura per la sua situazione, non riuscendo naturalmente a riposare un attimo. Questo ragazzo ha provato a esporre il suo problema anche nell’infermeria interna al centro e alla stessa direzione del CIE, ma gli è stato detto che deve dormire insieme a tutti gli altri.

Si tenta quindi, da parte di chi gestisce il centro, di creare dissidi e conflitto tra i reclusi. Adesso tutti hanno dei buoni motivi per lamentarsi, a partire dalle condizioni di vita, che sono diventate insopportabili e disumane.

Sabato una commissione di esperti ha visitato il centro, per verificare le condizioni della struttura e valutarne l’agibilità. Alcune voci, infatti, lasciavano credere che il Cie dovesse chiudere, anche solo per il tempo necessario al suo ripristino. Il capo di gabinetto della prefettura, Erminia Cicoria, dice testualmente: “Restano lì dove sono”.

Anche i media, dopo tre giorni di quasi totale silenzio, sono costretti a dover affrontare l’argomento: leggi  12.

 

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