Leggiamo e diffondiamo volentieri:
da http://cettesemaine.free.fr/ e http://informa-azione.info/
Nel gioco dell’oca a cui sono costretti gli immigrati tunisini, la  frontiera francese non è certo l’arrivo. Dopo essere sopravvissuti alla  traversata in mare, essere passati fra la rete poliziesca italiana od  essere riusciti ad evadere da CIE e campi vari, aver passato la  frontiera eludendo i blocchi della polizia francese… si ricomincia!
Nelle  ultime due settimane ci sono state imponenti e continue retate “au  faciès” (vengono presi di mira solo quelli che hanno la “faccia da  arabo”) nelle principali città francesi, in particolare a Parigi.  Ovviamente non ci sono cifre esatte, ma c’è chi parla di un migliaio  sulla sola Parigi. Sembrerebbe, ma anche questa non è cosa sicura, che  gli arrestati vengano trattenuti qualche giorno (altre fonti dicono due  settimane), schedati (dati, foto, impronte digitali) e rilasciati con un  foglio di via dal territorio francese. Testimoni hanno visto gli sbirri  strappare davanti ai tunisini i pezzi di carta dati loro dalle autorità  italiane (i cosiddetti permessi di soggiorno temporanei) …
Migliaia  di tunisini che sono riusciti ad arrivare fin qui in treno (e ci sono  state anche retate alla stazione…), non sapendo dove andare, vivevano,  più o meno dall’ultima settimana di aprile, in un parco nel nord della  capitale. In zona stazionavano sempre molti sbirri, che arrestavano chi  si allontanava solo o in piccoli gruppi. Tutte le sere, poi, chi non si  era arrangiato per dormire, rischiava di essere circondato ed arrestato.  Ci sono stati momenti di tensione, la sera di giovedì 28, quando la  polizia ha tentato l’ennesima retata.
A partire da quel giovedì,  molti migranti sono stati ospitati, ma provvisoriamente, alla CIP, una  “casa di associazioni” non lontana dal parco, che chiuderà, però, il 6  maggio.
Dopo aver partecipato alla manifestazione del  1 maggio, alla  sera in molti hanno deciso di farla finita con le promesse del comune e  il mercato del bestiame delle associazioni caritative (Emmaus, Coup de  main, France terre d’asile – quest’ultima  tra l’altro gestisce dei  CIE…) e si sono presi un posto per dormire ed organizzare la lotta.
Sans papiers tunisini occupano una palazzina a Parigi.
Dopo molte settimane passate a dormire nel parco della Porte della Villette, circondati dagli sbirri, e sotto la pressione delle retate a Stalingrad, alla Villette, a Couronnes, a Belleville [nel nord-est popolare di Parigi, NdT] etc., quasi 300 tunisini senza permesso di soggiorno hanno autonomamente occupato [domenica 1 maggio, NdT] una palazzina del comune, al 51 di Avenue Simon Bolivar.
Lunedì 2  maggio, sul luogo erano presenti forti contingenti di polizia e ci sono  stati piccoli momenti di tensione e grida di “Polizia vattene” da dentro  e fuori dello stabile. Alla fine il dispositivo poliziesco è stato  tolto e alle 18 si è tenuto davanti all’occupazione un presidio che ha  contato diverse centinaia di persone.
Per poter sgomberare l’edificio  occupato, il comune e la prefettura tirano in ballo la sua presunta  “insalubrità”, ma si tratta solo del fatto che non è più in regola con  le norme del 2008, per le quali la vernice dei muri sarebbe troppo  infiammabile!
Mentre continuano i negoziati con i farabutti del  comune (che al momento propone 30/40 sistemazioni della durata di un  mese, dispersi in alcuni hotel), i 300 occupanti pretendono non solo un  luogo per auto-organizzarsi (cosa che fanno occupando lo stabile), ma  anche “documenti per poter circolare e vivere liberamente”.
Questo  collettivo informale, il “Collettivo dei Tunisini di Lampedusa a  Parigi”, tiene le sue assemblee autonome e resiste alla bell’e meglio ai  diversi racket di partiti ed associazioni. Come sempre, poi, il misero  comunicato dell’occupazione [in francese, qui:  http://paris.indymedia.org/spip.php?article6648, NdT] non è altro che la  riscrittura da parte di qualche politico delle discussioni e decisioni  dell’assemblea.
L’occupazione è aperta a tutti i sans papiers e viene tenuta in collaborazione con alcuni compagni.
Continua…
“Né polizia, né carità. Un luogo per organizzarsi” (striscione appeso all’edificio occupato)