Se non sono gigli…

Posso utilizzare la mia forza e le mie energie a far battaglie contro l’ordine precostituito dallo Stato e materializzato dalle forze dell’ordine, battermi quanto più coerentemente e costantemente possibile contro i loro soprusi e inganni, i loro abusi e violenze. Posso continuare a non utilizzare il diritto al voto, a non chinare la testa di fronte alla scelta di una rappresentanza monca e incapace di portare nei piani decisionali quella che è la mia idea, esser giunta alla conclusione che chi arriva in alto ha accettato di accantonare il suo pensiero pezzo per pezzo, in proporzione ai gradini percorsi per giungere in alto, fino a quando, dopo averlo raggiunto ha dimenticato cosa era il suo stesso pensiero, o pensarlo come così lontano e irrealizzabile che è meglio abbandonarlo definitivamente. Poi posso allearmi con quei, sempre meno, compagni di lotta e incamminarmi verso una struttura di ingiustizia incomparabile ed esprimere tutto il mio dissenso, lasciando tutti coloro che non sono con me nel buio pesto dell’ignoranza. Tutti coloro che hanno venduto la loro anima ai bisogni carnali, che hanno diviso la loro essenza fra soddisfazione personale e amore per l’umanità, lasciando che le due cose venissero divise irreparabilmente, che non coincidessero mai più. Lasciare che tutti costoro divengano facili statuette modellabili e domabili ai comandi del capitale, che siano tristi e felici a seconda di ciò che hanno visto in televisione, che si emozionino di fronte a un bambino dalla pelle scura e che si indignino quando lo stesso è divenuto grande ed è arrivato vicino al loro paesino.

Abbandonare nel vortice irrefrenabile delle sterili vittorie personali tutti coloro che pensano di aver vinto se la mattina si svegliano in un comodo letto, avvolti in lenzuola dai tessuti pregiati, e pensano di avere tutto ciò che dalla vita si può pretendere solo perché hanno il portafoglio straripante di banconote e possono comprare e consumare tutto ciò che desiderano.

Lasciare che muoiano nella tristezza depressiva di esser diventati vecchi, di non somigliare più alle statuarie madonne dei pannelli pubblicitari, pensando che la loro vita si è conclusa nello stesso momento in cui sul loro viso le rughe non possono più esser coperte dalle creme anti-età.

Considerarli tutti colpevoli della loro condizione, insultarli perché ignorano che la loro felicità è stata costruita in modo tale che sia così fragile da poter esser distrutta. Lasciarli cuocere nel loro stesso brodo perché non sono stati capaci di cogliere l’inganno, di scovare in una campagna per la giovinezza perenne la minaccia di Dorian Gray, e la tristezza di pensare che la loro vita potesse essere apprezzabile solo prima dei quarant’anni, compresi coloro che riescono a rimanere quarantenni anche a settanta anni.

Sopprimere come formiche tutti coloro che sprofondati in una solitudine cosmica trovano l’unico piacere nell’osservare il corpo di una giovane donna e cercare di fotografarla bene nella mente e riutilizzarla nelle notti vuote e fredde, tenerli fuori dai miei pensieri perché vittime della decostruzione delle vere relazioni personali, della visione elaborata dell’altro mai come compagno, ma sempre uomo con cui competere per raggiungere una breve, debole, insoddisfacente soddisfazione.

Posso pensare alla onda immane di uomini omologati, vestiti tutti uguali, bevitori tutti dello stesso drink, consumatori degli stessi alimenti, costanti frequentatori delle stesse discoteche e locali chic, ascoltatori costanti della stessa musica, come soggetti stupiditi,  privi di personalità, e lasciare che  raggiungano l’anzianità per sentirsi tristi e trovare la felicità in una crociera che li porta ad attraversare terre lontane per far loro conoscere quanto tutte le coste siano diventate uguali, leggere gli stessi nomi sulle insegne degli alberghi dalle coste emiliane a quelle egiziane, compiacersene senza chiedersi come sia possibile.

Biasimare chi si è lasciato ammaliare da una vita ricca, finalizzata a diventare ancora più ricca per poi sperare che diventi più ricca ancora.

Pensare che siano tutti loro i miei nemici, continuare sulla mia strada colma di rivendicazioni, di nostalgia per gli amici caduti nella trappola, di tristezza per le colate di cemento sulle campagne della mia città, di scossoni di rabbia per ogni restrizione di libertà, di brividi di entusiasmo per ogni qualvolta conosco qualcuno che prova le mie stesse sensazioni, e di impotenza ogni volta che mi guardo intorno e mi accorgo che nulla cambia e tutto peggiora inesorabilmente.

O pensare che siano anch’essi vittime e non pianificatori dell’inganno, che divengano complici senza volerlo, che accusarli ancora li terrà sempre più lontani da una visione olistica della realtà. Chiedermi se  desidero diventare loro nemica o loro compagna, chiedermi se su cento di loro, uno ha voglia di ascoltare e se per quell’uno riesco a rinunciare a diventare l’oppositrice di novantanove. Strada complessa e piena di sconfitte, percorrerla o gettare la spugna e lasciare che siano in pochi a poter dire: io ho capito e percorro la strada opposta.

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Questo è il blog del gruppo NO-CIE BRINDISI. nociebrindisi@autistici.org View all posts by nociebr

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