da Melting Pot
Con i 24 posti messi a disposizione dalla cooperativa Caracol all’interno del centro sociale Rivolta di Marghera, in un vero e proprio centro di accoglienza che d’inverno ospita i senza fissa dimora, la lettera per un’accoglienza degna lanciata dalla Rete di associazioni veneziane Tuttiidirittiumanipertutti può davvero concretizzarsi nell’inizio di un’avventura straordinaria.
Questa mattina, nel giardino del centro, una trentina di persone rappresentanti di tante realtà anche molto diverse tra loro hanno infatti raccontato ai giornalisti locali cosa intendono loro per “dignità” e “accoglienza”, in controtendenza con le campagne propagandistiche che hanno negli ultimi mesi strumentalizzato l’arrivo e la presenza dei profughi in fuga dal Maghreb.
Questa parte della “società civile” veneziana ha infatti scelto di rispondere a modo suo alle richieste della Prefettura e della Regione Veneto, che arrivano in questi giorni dopo settimane di vaghezza e ambiguità rispetto a quando sarebbero arrivati questi migranti e a quali risorse si sarebbero rese disponibili per loro.
Ognuno, tra le associazioni, i gruppi e i singoli cittadini che hanno firmato la lettera, metterà a disposizione ciò che può all’interno di un progetto unitario e condiviso che è anche la proposta concreta di un modello sociale diverso da quello della paura e del razzismo: la Caracol il suo centro di accoglienza; l’associazione il Villaggio delle risorse economiche per contribuire all’ospitalità di altri profughi qualora i posti non fossero sufficienti; la Cgil il proprio staff legale e una mensa; l’Agesci un servizio di assistenza diretta alle persone; Razzismo Stop insieme a Melting Pot Europa le attività di orientamento e assistenza legale; la scuola di volontari Liberalaparola i corsi di italiano intensivi e l’accompagnamento ai servizi sul territorio; i circoli Arci i propri spazi come centri di raccolta di ogni materiale utile, così come faranno anche i centri sociali Rivolta e Morion i cui attivisti si sono inoltre offerti di collabrorare alla gestione del centro di accoglienza.
E poi ci sarà Emergency con il suo poliambulatorio che farà gli straordinari e con il suo gruppo di volontari pronti ad ogni collaborazione, e ancora i volontari del terzo mondo Magis, Manitese, ma anche gli Ultras antirazzisti del Gate 22 VFMC e il coordinamento degli studenti medi di Venezia Mestre che mobiliteranno anche le scuole per partecipare a quella che hanno definito un’iniziativa di grande valore culturale, sociale e politico.
La rete per un’accoglienza degna è così già pronta a fare la sua parte per accogliere chi arriverà a Venezia, in fuga da guerre volute dagli stessi paesi europei che ora urlano all’”invasione”. La lista delle adesioni, come si è visto, è già cospicua, ma resta aperta a chiunque voglia aggiungersi, dai singoli cittadini alle altre associazioni del territorio, portando il proprio contributo.
Al di fuori di ogni logica “emergenziale”, la lettera aperta per un’accoglienza degna esterna un punto di vista molto preciso sulle ultime questioni riguardanti la gestione delle migrazioni in questo paese.
Chi ha parlato alla conferenza stampa ha ribadito ad esempio come le uniche “emergenze” sul suolo italiano fino ad ora siano state di fatto create da volontà politiche, come è accaduto a Lampedusa dove si è scelto fino a poche settimane fa di trasformare l’isola in un luogo di concentramento e disumanizzazione, mentre adesso, d’improvviso, il sistema dello smistamento dei profughi nella penisola italiana ha ripreso, pur nella difficoltà, a funzionare.
è stato poi affermato con forza che, se di emergenze si deve parlare, bisogna guardare innanzitutto alle 1200 persone, tra cui tante mamme e bambini, che hanno perso la vita nel Mediterraneo negli ultimi tre mesi, tra le quali moltissime erano potenziali rifugiati respinti nel 2009 e nel 2010 nelle carceri libiche sulla base degli accordi italiani con il dittatore Gheddafi.
Se si è così incapaci di aprire corridoi umanitari per salvare queste vite (mentre si investono milioni di euro nelle guerre) che almeno si riservi un’accoglienza degna a chi sfidando la sorte raggiunge infine questo paese.
I firmatari della lettera inoltre, si oppongono chiaramente al fatto che l’arrivo di queste persone e il loro bisogno di essere accolte si trasformi nella sperimentazione di nuovi dispositivi di concentramento, detenzione e svilimento dei diritti, come è accaduto nelle tendopoli di Manduria, nel centro di Mineo e in tutti gli altri luoghi che, aggirando di fatto i servizi già esistenti come lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), stanno sorgendo in gran parte del territorio nazionale.
Le risorse messe a disposizione, come è spiegato nella lettera, sono infine dedicate a chiunque ne abbia bisogno, al di là di qualunque separazione imposta tra “veri” e “falsi” rifugiati sulla base di approssimative distinzioni nazionali o temporali. Non si può che opporsi, dicevano infatti i promotori, a distinzioni come quelle che descrivono i subsahariani in quanto unici veri rifugiati e tutti i maghrebini come semplici approfittatori, o che definiscono i tunisini entrati fino alla mezzanotte del 5 aprile come profughi umanitari per decreto ministeriale, mentre quelli arrivati dal 6 aprile in poi soltanto come clandestini da rimpatriare.
La speranza è che ora questa proposta di dignità e concretezza possa diventare un modello riproducibile in altre città del Veneto e dell’Italia.
A Venezia, intanto, la Rete aspetta soltanto che i primi profughi arrivino e si prepara ad accoglierli con una grande festa ed un’unica parola d’ordine: Welcome.