Ci piace che questo blog si arricchisca, oltre che di notizie riguardanti i cie e le politiche deliranti in tema di immigrazione, anche di riflessioni e pensieri. Ci piace che ognuno metta del suo nella discussione sulla paura del diverso, sulle contraddizioni evidenti tra il principio dell’accoglienza, sbandierato da tutti, e i fatti reali che ogni giorno si ripercuotono su chi, di questa accoglienza, avrebbe davvero un bisogno immediato. Tanto più che la nostra terra, il salento del sole, del mare e del vento, ha nelle sue tradizioni quella di veder arrivare gente di terre lontane, e nei secoli si è dimostrata come una terra povera, ma proprio per questo, forse, più vicina a capire la disperazione di chi chiede una possibilità di vita migliore. E’ forse utile ricordare l’intervista di un “camuffato” tunisino, che per le vie di Oria (Br) chiedeva pane e soldi, proprio come fanno i migranti veri in questi giorni, ad una anziana signora del posto. Lei ha dato tutto quello che era nelle sue possibilità, e ha voluto consolare il “finto tunisino” dicendogli che capiva perfettamente i suoi stati d’animo, essendo stata anche lei emigrante, quando era ragazza, non all’estero, bensì a Milano. Questo articolo è scritto da una di noi, ed è il frutto di una ricerca interiore e di esperienze vissute in questi giorni a pochi passi dalla “tendopoli di Manduria”.
Una tazzina di caffè a Oria
A volte è necessario fermarsi, sollevarsi ed osservare tutto dall’alto, magari creando delle relazioni fra presente e passato, poiché la memoria, se esiste, a qualcosa dovrà pur servire e gli occhi, se esistono avranno certamente una funzione.
Qualche metro più in alto dalla tendopoli di Manduria e siamo in grado di vedere le due cittadine di Oria e Manduria, illuminate dal sole di giorno, dai fari delle piazze e dei locali di sera. Popolate entrambe da cittadini omologati all’occidentale medio, tendenti ad una realizzazione della propria esistenza strettamente legata al benessere, al consumo, al quieto vivere, al principio “sto bene io, sta bene la mia famiglia…segue… va bene così!” In questi giorni sono state esaltate le dimostrazioni di accoglienza e cortesia dei cittadini nei confronti dei tunisini che da qualche settimana popolano la LORO città. Sarebbe interessante chiedere ai cittadini gentili e cortesi quale posizione assumerebbero se domani dovessero sapere che tutti i nuovi arrivati verranno espulsi, oppure venisse dato loro un permesso che gli permetta di attraversare solo una piccola parte della ricca Europa, e che la tendopoli sarà vuota e pronta ad esser riempita dai nuovissimi arrivati, provenienti dalla Libia, e la stessa tendopoli recintata e presidiata diventerà come per magia un centro di accoglienza. Mi immagino in un altro paese, accompagnata da un uomo in divisa lungo una strada lontana dalle città, immersa nelle campagne, e che mi venga presentato come “ centro di accoglienza” una distesa di terra puntellata da tende blu tutte uguali, recintate in gruppi da otto, e recintata ancora una volta lungo il suo perimetro da reti metalliche alte e rese più alte di tre metri dalle ultime modifiche apportate. Mi immagino di potermi ritrovare per caso in un bar del paese raggiunto a piedi e di sentire in televisione un tale che propone il richiamo dei militari italiani dal Libano per sorvegliare le frontiere, mi immagino di poter capire poche parole, ma che mi sia chiaro l’atteggiamento dominante nei confronti di chi prova a immigrare in questo Paese. Poi mi immagino di sentire qualcosa come un incontro a Bruxelles, importantissimo, (qualcuno del bar alza il volume della televisione), dove poche persone rappresentanti dei paesi europei decideranno se “far entrare” nei rispettivi territori i nuovi arrivati. A questo punto non sono più in grado di riconoscere la mia nazionalità, se sono libica o tunisina, forse poco importa. Non sarò comunque io a decidere di me stessa e dei posti dell’Europa da conoscere. Mi chiedo come sia possibile che una ventina di uomini in questo mondo possano decidere se io, tunisina forse, possa avere la possibilità nella mia vita di vedere Parigi, ci sono davvero delle città in Europa il cui accesso è riservato solo ad alcuni e negato ad altri?
Osservo il proprietario del bar, il quale mi ha servito il caffè in un bicchiere di plastica, accanto a me una donna, avrà la mia stessa età, a lei il caffè è stato servito in una tazzina di porcellana…mi faccio qualche domanda in più, ma non la pongo a nessuno. Inizio a pensare, che il barista sarà stato molto gentile e cortese e accogliente con me, ma perché il caffè in un bicchiere di plastica, in fondo le tazzine sono lavate tutte in lavastoviglie a temperature altissime, disinfettate…cosa crederà che abbia portato dalla Tunisia, cosa conosce di me, del mio paese. Eppure ho come l’impressione che qualcuno gli abbia già parlato di me e dei miei compaesani, non mi fa neanche una domanda, in alcuni momenti ho persino l’impressione che desideri che vada via il prima possibile…forse è solo un’ impressione. Quella televisione, forse, ha parlato di me e dei miei amici a quest’uomo. Forse!